Virgilio Budini - Associazione Peschi

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Virgilio Budini

 


Due mondi
In questa suggestiva ed avventurosa epoca della pittura contemporanea, Macerata, come sempre all'avanguardia per il fermento di vita artistica e culturale che l'anima, presenta agli amatori una Mostra Nazionale d'Arte che farebbe gola a molte città italiane.
Si tratta d'Arte contemporanea, è chiaro. E sappiamo già come vanno queste cose. Una sala discretamente illuminata, quadri di varie dimensioni alle pareti. Gente, che si affaccia timidamente, signore in pelliccia, studenti e studentesse, qualche avvocato.
Guardano silenziosamente i quadri, osservando le dovute distanze, poi si guardano tra loro. Qualche signora chiede timidamente dove sia la « mela », dove sia il « pescatore ». Quando glie lì mostrano emette un lamento soffocato. Per ora non parlano. I pittori moderni sono in gran parte atletici, poco rassicuranti. Parleranno appena fuori, scriveranno forse sui giornali.
In queste poche note informative che non pretendono sostenere una teoria o un principio estetico, noi terremo sempre di vista lo spunto che potrebbe definirsi cronistico anche se potremo fatalmente sfociare in una visione storica e critica.
Intanto osserviamo il prevalere della Natura morta o Natura silente, come la definì -ce lo dice Vergani - quel mago della pittura contemporanea che è Giorgio De Chirico. Del resto questo freddo mese intimista con questo cielo maceratese ancora sfioccato di neve e l'oscura fanghiglia delle sue strade e delle sue malsicure piaggie, se è adatto alle Mostre per i colori smorzati e scialbi della natura invernale, è particolarmente propizio alle Nature morte, di cui è innegabile il valore di pura pittoricità come base allo studio degli accordi tonali. Chi più chi meno questi pittori si esprimono liberamente in senso antiletterario, obbedendo ai suggerimenti istintivi del colore che si sprigiona dal di dentro, per forza interiore.
È una pittura che vuole narrare attraverso i mondi degli accordi tonali o attraverso trasfigurazioni del vero o esaltate incisioni di caratteri, tentando di manifestare un'emozione che attinge a una lirica non soltanto contemplativa. Notiamo. nella gran parte dei giovani pittori un'incertezza d'ispirazione oscillante ancora tra una visione naturalistica e una astratta. Questa constatazione ci richiama alla memoria un articolo che leggemmo tempo fa sull’arte astratta-concreta, ch’ebbe nei seguaci di Kandisky i più fervidi sostenitori, per la quale si tratterebbe di rendere materiale l’idea già esistente astratta nel pensiero. Non soggetto concreto, dunque, ma soggetto concretato, idea concretamente proposta. E quindi figure stilizzate, polivalenti, in cui dominano il solo spazio, il ritmo, la forma, il colore e gli altri elementi puri dell’arte. Arte astratta concreta, dunque ambigua, moderna.
Il ritorno alla concretezza non è ritorno alle vecchie posizioni. Quindi non è ritorno. Forse è un ricorso, come quello vichiano. Comunque non può ritornarvi, o ricorrervi, chi non le ha abbandonate, per attraversare le varie esperienze del futurismo, dell'astrattismo, dell'impressionismo e così via.
È un ritorno al concreto che ha avuto bisogno del ponte dell'astratto, è un concreto che proviene dall'astratto, un astratto che perviene al concreto. E' astratto-concreto insomma, ambiguità. Noi siamo per l'ambiguità.
Del resto le definizioni in arte sono pericolose, specie nella pittura.
Tutte le definizioni sono sbagliate, perché definizioni.
La manifestazione pittorica contemporanea è l'espressione dì una inquietudine mora1e di cui i1 conflitto estetico è, se non l'anticipatore, c'erto l'indice e la prova più evidente. L'arte non può però limitarsi a battere sul logoro tema di una crisi spiritua1e in atto, essa sta facendo nuove esplorazioni e scandagli, esperienze e sogni anticipatori. Ha ormai superato quella stagione tormentosa e dinamica del colore, i cui interpreti luminosi od oscuri, marciarono sotto le varie insegne del cubismo, dell'astrattismo, del post-impressionismo alla conquista della pittura pura. E marceranno ancora, all'infinito. Perché la pittura pura non sarà mai conquistata. Perché non esiste. Esiste l'azione del conquistarla, l'essenziale è marciare.
Diceva alla Mostra uno statale (tale sembrava, visto contro luce): "non mi piacciono queste donne della pittura contemporanea, preferisco , le Madonne di Raffaello, esuberanti dignitose ottimiste. Non mi piacciono queste donne sostituite da fanali e da funghi, con 1e mani ossute da proletario e i seni penduli come borse di gomma per decongestionare infiammazioni cerebrali "
" E' colpa forse del pittore, risposi, se le donne oggi li portano così? E' la moda, statale, la moda... ".
" Ma non ha detto Lei, incalzò, che la pittura, è qualche cosa che proviene dall'interno, che materializza l'idea già esiste astratta nel pensiero...? ". "Appunto,dico,. Ma l'idea come si forma? Dipende in certo qual modo dall'atmosfera, credo. Siamo ancora nell'ambiguità, come vede. Oggi c'è un'atmosfera da seni penduli. Questa atmosfera entra per infinite, percezioni insensibili nel subcosciente dell'artista, ne forma l'idea, ne anima l'ispirazione. L'arte se aspira all'eterno è radicata nel tempo. Questo è tempo di guerre e di crisi, di conflitti sociali e morali, di freddo e fame. Epoca da seni penduli, signore. Un pittore che rappresentasse oggi donne con seni turgidi, prosperosi, farebbe opera anacronistica, reazionaria, offensiva ".
Ma perché quello statale non capisce la pittura moderna, l'arte moderna? . Perché è altro da lui, non si può esigere da lui una comprensione per ciò che è altro da lui. Perché idolatra le Madonne di Raffaello, o  esalta la pittura dell'ottocento? Perché quelle madonne, quella pittura, gli appartengono, sono il suo patrimonio culturale, i suoi studi, il suo liceo, la sua interrogazione in storia dell'arte.
Questi alberi torti non sono che i dolori degli altri.
Ognuno conosce solo i propri dolori.
Forse egli appartiene allo stesso mondo spirituale di quell'avvocato che preferisce alla « deforme, mostruosa isterica » pittura contemporanea, quella dell'ottocento che, colle sue sontuose cornici e le sue firme ormai entrate ufficialmente nella storia dell'arte, rappresenta oggi un abile investimento di capitale,una solida Cassa di Risparmio.
Forse appartiene allo stesso mondo spirituale di quella signora in pelliccia che, seduta al centro della sala con un “modello” sul capo mentre i giovani pittori presenti, esaltandosi dinanzi ai quadri « ritmo, gridavano, movimento, movimento! », credette opportuno alzarsi e compiere un rapido giro attorno alle pareti, quasi a passo di danza, concependo il movimento come un fenomeno fisico non alieno da esibizionismo.
E' tutto un mondo a sé, mondo ormai definito, che crolla ogni giorno, ogni ora, e sdrucciola sul terreno dell'arte come su quello della letteratura, sul terreno della filosofia come su quello politico.
S'è aperto un solco tra due epoche. Non è più l'incomprensione tra due generazioni, tra giovani e vecchi, tra differenti classi sociali.
S'è scavato un abisso tra due mondi, nessuno lo colmerà.
Noi siamo per l'epoca nuova, la nostra epoca. Noi preferiamo il Sistema al metodo, il Socialismo al liberalismo, il Boogie-Woogie al secondo atto della Traviata. Preferiamo i seni penduli alle estive « Madonne » di Raffae1lo". Preferiamo infatti l'inverno all'estate, stagione della morte, del sudore, delle merende domenicali.
VI è un mondo che muore e un mondo che nasce. Noi siamo per quello che nasce. Preferiamo l'arte ostetricia di Socrate al mestiere borghese del becchino.
Ai morti le doverose esequie, ai neonati il lucido latte delle vacche sapienti.
Noi siamo per le vacche.

Virgilio Budini

(Dal catalogo Circolo d’Arte e Cultura “Rinascita” – Mostra Nazionale d’Arte Contemporanea – Teatro Lauro Rossi Macerata, 1-15 marzo 1947)

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Tulli, Peschi, il Futurismo
TULLI non ha avuto bisogno di andare a Parigi, come vuole la moda. Dopo una prima positiva esperienza futurista, le sue esperienze astratte che risalgono al 1939-40 ci dimostrano che egli ha scoperto il valore evocativo della «sintesi» fra tempo-spazio-Iuce, sostenute da un dinamismo mediante il quale riesce a superare gli schemi troppo freddi dei vari purismi post-cubisti.
Raffinatosi di giorno in giorno, liberando la sua tavolozza da un formalismo che rivelava agli inizi, ed impegnalo attualmente con viva coscienza per sfuggire ai richiami di certo decorativismo, egli ha raggiunto uno splendore geometrico evocativo tutto suo, che esprime l'esuberanza di un estro fantastico non comune e rivela un temperamento dalla fresca invenzione spaziale e cromatica.
Originali risoluzioni, cadenze ritmiche libere da facili abbandoni, umana logicità di composizioni, sono le caratteristiche delle sue opere, nelle quali, ogni dettaglio, anche il meno appariscente, possiede la sua ragione di essere e il suo valore evocativo.

Uscito anche PESCHI da una decisiva esperienza futurista, a sua volta preceduta da una esperienza veristica, ha già dimostrato in forma evidente le sue notevoli qualità plastiche, sostenute da una abilissima raffinata tecnica, che di per se stessa costituisce già una grande conquista, specie in tempi in cui una colatura o un bozzo casuale sono spesso scambiati dagli «emotivi» per una manifestazione di raffinata sensibilità.
Quello che colpisce nella sua produzione è il perfetto equilibrio fra vuoti e pieni in una armonica atmosfera di architettura mistica ed a un tempo severa e razionale, in cui incontri ed amplessi di forme-forze esprimono un dinamismo che a volte si fa lieve e sommesso come preghiera: un'atmosfera insomma che sembra esprimere simbolicamente e realisticamente l'armonico incontro tra geometrismo e misticismo della concezione spinoziana.

Virgilio Budini


(Dal piccolo pieghevole della mostra di Numero: Umberto Peschi – Wladimiro Tulli – Via degli artisti 6 nero - Firenze dal 12 al 25 novembre 1953)

 
 
 
 
 
 
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