Mariano Apa - Associazione Peschi

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Mariano Apa

 


Dal volume Numanascultura
Numana (AN), luglio-agosto 1987

Come è possibile dare movimento alla staticità di un Dolmen? Riassunto in questi termini, l'opera di Peschi diventa un nucleo centrale entro cui ritroviamo le sue esperienze storicamente vissute. Dal periodo Futurista al periodo degli anni Cinquanta, i primi, a Roma, con la ricerca Astratta, alla scoperta del "modulo" che lo consacra allo specifico della sua personale poetica. Già in esposizione allo Art Club di Prampolini, Peschi è a contatto con le esperienze del gruppo "Forma I", della astrazione geometrica di ascendenza da De Styl, con inneschi vorticisti e movimentisti che era bagaglio apporpriato alle esperienze del terzo così detto Futurismo. Il così detto modulo "a tarlo" di Peschi nasce da questo connubio e unisce sia il movimento sia la staticità. La contraddizione è risolta attraverso il particolare incastro del modulo trovato, proveniente dalle forme della geometria euclidea. È un incastro che permette la ripetizione ad infinitum del "pezzo" lavorato, che viene ad assumere ulteriore forma allorche si costruisce il "pezzo": grande rettangolo, grande quadrato, grande circonferenza. Sia con la scultura in formato minore che in formato monumentale, per aperti spazi, sopratutto urbanistici; l'opera di Peschi vive di una sua interiore grandezza formale: l'assunto del "modulo" ripetuto e innervato nell'unicità della intuizione: che tutto si ripete e tutto nel movimento -degli incastri -ritorna all'origine. Su di lui c. Toni ha recentemente scritto un saggio che si riporta in parte, per la acutezza e la profondità della analisi. Scrive dunque la Toni: "Nella sua personale a Vienna, nel 1963, Peschi evidenzia una svolta verso costruzioni plastiche improntate a una maggiore razionalità e al rigore geometrico. Gli anni sessanta rappresentano decisamente un periodo assai fruttuoso per l'artista che partecipa attivamente a numerose esposizioni e viene determinando l'indirizzo delle sue ricerche secondo assonanze concretiste. Scultore del legno -raramente usa il bronzo o il marmo -Peschi è attento alle infinite possibilità che questo materiale gli offre, pienamente soddisfatto per gli sviluppi atmosferici e pittorici derivabili da esso. In effetti, egli orienta il suo discorso sulla materia, servendosi abilmente di questo medium in modo da ottenerne notevoli effetti plastici e da facilitare la comunicazione con il pubblico grazie alla diretta presa luministica con lo spazio-ambiente. Inoltre, l'artista attraverso lo scorrere dei piani sonda contemporaneamente i contenuti virtuali, penetrando nella scultura ed esaltandone gli esiti espressivi che rendono evidenti le sue conflittualità interiori. Il contenuto esistenziale si associa così al fare plastico, investendo il manufatto artistico di un concreto messaggio morale e filosofico (...)
La validità del discorso plastico di Peschi, va ricercata nella spazialità interna della materia e nel referimento a una realtà ambientale in cui le sculture nelle loro diversificazioni tematiche, nelle loro aperture e incastri che danno adito a infiniti sviluppi, alludono a possibilità spazio-temporali nascoste nella essenza della stessa materia. In questo rapporto, la scultura diviene sempre più concreta e assume una sua decisa vitalità. Peculiare, a questo proposito, è la scansione ritmica ascensionale, costruita su un parallelepipedo per lo più à base quadrata 0 rettangolare. Solo raramente, infatti, l'artista affronta i problemi modulari su uno sviluppo orizzontale o su figure solide a base cilindrica, che nella loro finitezza bloccano l'apertura verso l'esterno, attirando, invece l'interesse verso la loro strutturazione interna».

Mariano Apa

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Dal catalogo della mostra "I segni della memoria"
Omaggio di 150 artisti al Maestro Umberto Peschi
Pollenza, dicembre 1993-gennaio 1994


Incastrato tra pietre, suono caldo nei muti muri, come una bandiera la gronda delle foglie, svetta in alto: sei un albero nuovo, giovane, bagnato di rugiada (...).

l piani di vuoti e di pieni sono la torre e il castello di un pensiero che da Boccione, hai tu legato a Calvino (...).

(...) Ho qui, davanti, ora, il tuo sorriso, il tuo viso da adolescente che trasfigura la vecchiaia, come soltanto anche ho visto accadere nella maschera di Melotti.

Un albero, caro Umberto, un albero sei, civile e gentile, giovane e fortissimo, esile e altissimo.

Tutte le tue primavere non andranno perse. Le chiameremo, per nome una ad una come in un fantastico Dizionario, a decifrare il segreto del tuo continuo essere giovane.

3 Febbraio 1993               

                                                                             Mariano Apa


 
 
 
 
 
 
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