Scritti - Associazione Peschi

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Scritti

Umberto Peschi

Trascrizioni da scritti autografi di Umberto Peschi o da conversazioni registrate

Se difficile è  scolpire, compito non meno arduo è  parlarne seriamente. E' troppo il distacco che esiste fra artista e pubblico, almeno per ora. Che possa esistere una vita della forma e del ritmo, il pubblico lo ignora totalmente, e questo perché  non si è  fatto nulla per farglielo comprendere. I moti d'avanguardia poi (periodo futurista) con il loro susseguirsi di invenzioni, hanno creato degli equivoci fra artista e osservatore, anche perché  non tutte le opere contenevano una nota autentica di arte.
In ogni modo il pubblico non è  nemico dell'artista, per istinto sente che qualcosa c'è  in questo individuo poco pratico che avanza a fatica tentando di dare un volto autentico ai suoi sentimenti.
Oggi si è  arrivati ad umanizzare l'assurdo, fare le carni a fantasia, pur riallacciando motivi antichissimi per una necessaria continuità  storica.
Imparare a vedere è  necessario, per gustare opere di artisti specialmente contemporanei. Il perpetuo gioco inventivo, che è  alla base dell'opera d'arte, non lascerebbe perplesso e pensoso il pubblico, se già  fosse a conoscenza dei movimenti intimi che lo hanno determinato, ed allora guarderebbero con altro interesse le statue con arie stupite e bizzarre, i visi sgusciati come uova, moduli compositivi di sapore arcaico che nascondono sotto l'apparente primitivismo una ricercatezza estetica.
La verginità  artistica e primitiva, risolve spesso ogni varietà  di motivi nell'originale contemplazione del soggetto. Un senso critico sempre la sostiene fino alle nuove risoluzioni.
Le variazioni necessarie del movimento, quel gioco di piani, quei vuoti che in una statua spesso hanno più  valore dei pieni convin¬cono ad una sintesi esemplare che sa di realtà .
E non c'è  da stupirsi se l'individuo, che avanza a fatica è  sereno; egli sa (se è  sincero)  che i suoi sforzi non andranno perduti.

                                                  Umberto Peschi  

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Sarebbe molto facile, con frasi poetiche od immagini liriche, fare una critica compiacente delle opere esposte in questa mostra. E' quasi sempre un poeta o uno scrittore che fa della critica, o presenta un pittore o uno scultore, con una prosa ampollosa ed evasiva che manca sempre di una funzione illumina¬trice indispensabile -e della quale il pubblico ha veramente bisogno-.
Noi ci proponiamo di essere sinceri, anche se ci attireremo l'odio dei cosiddetti "ben pensanti".
Questa Mostra non ci piace - non per l'organizzazione che è  stata, come sempre, perfetta, né  per la quantità  delle opere esposte, ma per la qualità . Il paesaggetto carino e la natura morta che ci sembra di toccare, non possono più  rispondere alle esigenze artistiche di quest'epoca, che si è  sviluppata in un vero clima arroventato: né  bisogna condannare a priori tutto ciò  che è  nuovo con la solita formula: "non lo capisco". L'arte contemporanea non è  uno scherzo; ed è  necessario che ognuno allarghi le proprie vedute cercando di penetrare nell'essere psicologico.
Prampolini, Picasso, che sono gli artisti d'avanguardia, se molto spesso allontanano, quasi sempre illuminano.
Continuare ancora ad insistere nell'800 o epoche precedenti significa non capire la funzione dell'arte nella vita, e non possiamo apprezzare altro che la parte tecnica, la quale, d'al¬tronde, non neghiamo che abbia la sua importanza.
La massa degli artisti, purtroppo, ama attaccarsi all'arte tradi¬zionale (nella quale c'è  il riflesso di un passato vivo al suo tempo) molto spesso perché  manca del coraggio necessario alla lotta e preferisce la piccola gloria, oppure, (e questa è  una delle prime ragioni) perché  ha poco o niente da dire e si trince¬ra all'ombra della tradizione.
Per fare dell'arte è  necessario del coraggio e molto, molto spesso, non basta un'intera vita di sacrificio.
Ed è  per questo che ammiriamo Tulli, perché  si sente lo sforzo di questo giovane, che magari potrebbe anche naufragare, ma che tenta di avvicinarsi a coloro che hanno lavorato per far nascere la nuova espressione artistica.
Anche Lambertucci ha una linea di condotta che lo porterà  lonta¬no: questo giovanissimo è  attratto dal fascino dell'essere umano ed è  felice nella sua scelta perché  si percepisce quasi tangibil¬mente come questo soggetto giochi sul suo temperamento sensibile e sulla sua fertile immaginazione.
Anche Felici ha capito molte cose nuove ed è  riuscito  in parte a convincere.
Pochissime altre opere, sia di pittura che di scultura, si salva¬no ed emergono dal grigiore che incombe in queste sale.

                                                  Umberto Peschi

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Oggi stavo proprio riflettendo sul tema delle illusioni e disillusioni; penso che sia proprio la chiave per capire cosa ci sta   accadendo su tanti fronti. Pensa anche solo al travaglio in atto nel P.C.I. e tutta un'alternanza di illusioni e delusioni come due facce di uno stesso modo d'essere. Tra un uomo e una donna per esempio si vive quarant'anni insieme e ci si aspetta che l'altro realizzi ciò  che noi vogliamo, per un'esistenza si vive con un ideale e non con una persona. Nell'amore, in politica, nel lavoro si vive con un ideale assoluto che  al di là  dell'eviden¬za, e delle prove di realtà  che sa mantenersi(?). E' più  facile vivere credendo in un assoluto onnipotente, in un mondo  dove il bene e il male stanno divisi, ben riconoscibili, che operare quotidianamente per riconoscere il bene e il male là  dove stanno anche dentro di noi.
Ma se l'ideale è  il riferimento della tua vita, la delusione è  la catastrofe dell'ideale: niente vale più  la pena di essere vissu¬to. Droga terrorismo criminalità  sono espressioni della delusio¬ne. Non è  difficile essere né  un realista cinico né  un idealista cieco. Ciò  che è  duro, ma necessario, è  vedere la realtà  com'è , pur mantenendo una fiamma dentro. Gorbaciov non perde un millime¬tro di dignità  e di fermezza, ma si dà  veramente da fare per mediare. La disillusione è  un'altra cosa rispetto alla delusione, chi si illude (?) equivale a elaborare (?) il lutto (?) che la ferita della delusione ha aperto dentro di noi.
Gorbaciov accetta chi disillude ha rotto con lo stile onnipotente assoluto che imperava in URSS ed ha lasciato che la realtà  mo¬strasse i suoi guasti. Va diritto nell'appassionata ricerca di un meglio possibile.
Il capitalismo invece non può  assolutamente accettare il diritto delle genti ma solo la legge del più  forte.
Le bombe atomiche non potranno rimanere nei buncher a deteriorar¬si, non si troverà  la maniera di usarle, ma nessuno può  dire che sono state costruite per divertircisi, ma solo menti mostruose e cariche di odio per il progresso poteva architettare un disegno simile. Coloro che le hanno utilizzate in Giappone per i primi esperimenti, non diemntichiamo che hanno gioito per la strage di vite causata dal loro lancio. Poi sono venuti i pentimenti.
La pace autentica non potrà  avvenire se non nasceranno decisioni umane che rovescino tutti i pregiudizi e si decidano ad eliminare il SUPERUOMO al quale tolta la potenza la prepotenza sulla quale è  fondato da secoli il suo dominio (che si chiama leggi) automa¬ticamente diventerà  un NANETTO (poi cancellato) umano che poi come Rigoletto di Pollenza non avrà  nemmeno  quel bell'uccellone (dalla parola "Rigoletto" la frase è  cancellata) come gli uomini s'interesserà  (?) di diritti e di doveri serenamente.

Cambiare radicalmente per non morire, ha detto alle ore 9 Gorbaciov, giovedì  7 giugno alla T.V.
I CANALE
meditate gente, meditate.    


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 (Versione originale)
Ho conosciuto Pannaggi poco prima della guerra per la conquista dell'Etiopia.
Non è  che mi sia piaciuto molto, ancora avevo l'idea del pittore, sbagliata, antiquata, grosso modo lo immaginavo con il cappello a larghe tese, cravatta a sfiocca alla repubblicana, mentre Pannag¬gi con la sua ricercatezza nel vestire e nel resto aveva l'aria di un Dongiovanni.
Non c'è  voluto molto per ricredermi, soprattutto Tano, che incon¬trai a Roma proprio il giorno del mio ritorno dall'Africa, con il quale insieme a Monachesi ci impiantammo a Roma, nelle lunghe polemiche in Piazza Colonna, con amici, anche loro futuristi, Delle Site (?), Voltolina, Belli, Favalli, ogni tanto si rievoca¬va Pannaggi che si trovava ad Oslo, ma non partecipava con noi in Italia nemmeno a mostre come Quadriennali a Roma e Biennali a Venezia.
Dopo l'ultima guerra, nelle rare volte che veniva a Macerata, è  venuto a trovarmi in studio insieme a Buldorini, ma non avevo opere da mostrargli perché  impegnate in mostre.
Lo andai a trovare a Porto S. Elpidio dove era ospite di una sorella, parlammo di molte cose ci si capì  molto bene e consoli¬dammo la nostra amicizia.
Abbiamo tenuto una bella mostra agli Amici dell'Arte, Pannaggi io e Tulli, ma il treno in corsa non potemmo mostrarlo. E' un'opera eseguita nel 22 alla quale il tempo sta dando ragione, straordi¬naria, allucinante, che corre verso il posto che merita tra le opere più  importanti della pittura universale.
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(Versione riveduta)

Ho conosciuto Pannaggi poco prima della guerra per la conquista dell'Etiopia.
Non è  che mi sia piaciuto molto, forse perché  avevo ancora un'idea, sbagliata, antiquata, di come dovesse essere un pittore;  grosso modo lo immaginavo con il cappello a larghe tese, cravatta a sfiocca alla repubblicana, mentre Pannaggi con la sua ricerca¬tezza nel vestire e nel resto aveva l'aria di un Dongiovanni.
Non c'è  voluto molto per ricredermi. Soprattutto Tano, che incon¬trai a Roma proprio il giorno del mio ritorno dall'Africa, con il quale insieme a Monachesi ci impiantammo lì , nelle lunghe dicus¬sioni e polemiche polemiche in Piazza Colonna, con amici, anche loro futuristi, Delle Site (?), Voltolina, Belli, Favalli, ogni tanto rievocava Pannaggi che si trovava ad Oslo, ma non parteci¬pava con noi in Italia nemmeno a mostre come Quadriennali a Roma e Biennali a Venezia.
Dopo l'ultima guerra, nelle rare volte che veniva a Macerata, è  venuto a trovarmi in studio insieme a Buldorini, ma non avevo opere da mostrargli perché  impegnate in mostre.
Lo andai a trovare a Porto S. Elpidio dove era ospite di una sorella, parlammo di molte cose ci si capì  molto bene e consoli¬dammo la nostra amicizia.
Abbiamo tenuto una bella mostra agli Amici dell'Arte, Pannaggi io   e Tulli, ma il "Treno in corsa" non potemmo mostrarlo. E' un'ope¬ra eseguita nel '22 alla quale il tempo sta dando ragione, straordinaria, allucinante, che corre verso il posto che merita tra le opere più  importanti della pittura universale.
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UNA PRESENTAZIONE DI UMBERTO PESCHI (VERSIONE ORIGINALE)

Ho conosciuto quasi per caso la pittrice polacca Ewa Blaszak, e la prima cosa che mi ha colpito nel suo studio (a Corridonia) guardando il suo fatturato pittorico, è  stata la forza espressiva e sincera emanante dai quadri appesi alle pareti, pittura forte piena di sottintesi figurativi importanti, che ti lascia medita¬re, soprattutto e a lungo me, che nel lontano 1937 ero inserito nel movimento futurista italiano.
Non ha tardato molto ad entrare nell'orbita di una pittura più  circostanziata al tempo ed alle attuali esigenze, un'evoluzione veramente straordinaria, ed un rinnovarsi che per me ha del miracoloso.
Il tempo stesso la meditazione e la forza creativa di questa pittrice mi hanno fatto capire quanto sia straordinario l'impegno che una donna spesso sa profondere in un compito così  elevato e difficile, senza patemi d'animo.
Penso che la Blaszak avrà  un avvenire assicurato ed anche facili¬tato dal suo metodo disciplinato di operare in questo periodo di complicata bailamme, e non sarà  lontano il tempo che la pittrice farà  sentire la sua presenza viva e vitale nel campo dell'Arte.
Lo studio, la ricerca continua ed attenta e una buona parte inventiva in questa pittrice, è  in un certo qual modo commovente, ma è  garanzia di successo, nel quale ella molto coraggiosamente crede (e fa bene).
in questo periodo è  tutta presa dalla tavolozza, come modello,   elemento per lei congeniale trattato con immensa libertà , dove non si riesce ad immaginare dove incomincia l'istinto ed il ragionamento. In ogni modo il prodotto è  validissimo senz'altro, ricco di colpi di scena ai quali non è  preparata, ed è  proprio li l'imponderabile che rende la sua pittura esplosiva di colori e forme ben orchestrate.

                                                          Peschi    


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UNA PRESENTAZIONE DI UMBERTO PESCHI (VERSIONE DEFINITIVA)

Ho conosciuto la pittrice polacca Ewa Blaszak nel suo studio a Corridonia e la prima cosa che mi ha colpito, guardando il suo fatturato pittorico, è  stata la forza espressiva e sincera ema¬nante dai quadri appesi alle pareti, pittura forte piena di sottintesi figurativi importanti, eppure libera e innovativa, che lascia meditare, soprattutto, e a lungo, me, che nel lontano 1937 per amore di novità  ero inserito nel movimento futurista italia¬no.
Ewa Blaszak, che pure è  stata così  sensibile, e lo è  tuttora, alla storia e alle tradizioni culturali del passato, non ha tardato molto ad entrare nell'orbita di una pittura più  circo¬stanziata al tempo ed alle attuali esigenze; un'evoluzione vera¬mente straordinaria, ed un rinnovarsi che per me ha del miracolo¬so.
Il tempo stesso, la meditazione e la forza creativa di questa pittrice mi hanno fatto capire quanto possa essere grande ed assoluto l'impegno di una donna in un settore così  particolare, quello dell'arte, elevato e difficile, senza patemi d'animo.
Penso che la Blaszak avrà  un avvenire sicuro facilitata in questo da un suo metodo disciplinato di operare in un periodo come il nostro di complicata bailamme, e non tarderà  a  far sentire, viva e vitale, la sua presenza nel campo dell'Arte.
Lo studio, la ricerca continua ed attenta e una buona dose di  inventiva in questa pittrice, in un certo qual modo commovente, è  garanzia di successo, cosa nella quale, per altro, ella molto coraggiosamente crede (e fa bene).
In questo periodo è  tutta presa dalla tavolozza, che usa come modello, elemento per lei congeniale e significativo, trattato con grande libertà  da non potersi immaginare dove finisce l'istinto ed  incomincia il ragionamento.
In ogni modo il risultato è  validissimo senz'altro, ricco di scoperte e intuizioni che spesso soprprendono la stessa autrice; ed è  proprio l'imponderabile che rende la sua pittura esplosiva di colori e forme ben orchestrate.

                                                          Peschi    

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(Testimonianza di Umberto Peschi per Petar)

Quando mi sono trovato nella grande sala al pianterreno di Palaz¬zo degli Ottoni a Matelica, dove esponeva il giovane pittore croato Petar Duvnjak, sono rimasto impressionato dall'importanza  di quelle tele, dove era chiaro con quale facilità  estrema gli influssi culturali del proprio paese sono tuttora presenti, anche se ormai è  da molto tempo che vive ed opera, dopo  sei anni a Pa¬rigi dove ha ottenuto significativi successi, a Roma dove ha com¬piuto gli studi presso l'Accademia di Belle Arti.
Le sue opere si inseriscono, come espressione, in un contesto grandioso, eseguite con elegante violenza, piene di fascino, ed ammiccanti   ad un autentico, anche se misterioso mondo tutto da scoprire.
Senz'altro colpisce questo modo di dipingere molto coraggioso, senza ripensamenti, dove le sue composizioni, aiutate dalla calma e nello stesso tempo frenetica tensione del colore più  che della forma, inseriscono il tutto in un'aureola di sogno invalicabile veramente affascinante.    
                                                  Umberto Peschi

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Quando mi sono trovato nella grande sala al pianterreno di Palaz¬zo degli Ottoni a Matelica, dove esponeva il giovane pittore croato Petar Duvnjak, sono subito rimasto impressionato dall'im¬portanza  di quelle tele, e dalla presenza in esse di influssi culturali del paese d'origine, tuttora evidenti; anche se ormai è  da molto tempo che Duvnjak vive ed opera a Roma, dove ha compiuto gli studi presso l'Accademia di Belle Arti, e dove giunse appena reduce da un soggiorno di  sei anni a Parigi con all'attivo si¬gnificativi successi.
Le sue opere visualizzano scene grandiose, immaginate con impeto e realizzate con tecnica pittorica sapiente, piene di fascino ed ammiccanti   ad un autentico, anche se misterioso, mondo tutto da scoprire.
Senz'altro colpisce questo modo di dipingere molto coraggioso, senza ripensamenti, dove la composizione, è  sempre confortata dalla calma e nello stesso tempo frenetica tensione del colore più  che della forma. Nelle tele di Duvnjak tutto sembra inserirsi in un'aureola di visionarietà  invalicabile, veramente affascinan¬te.

                                                  Umberto Peschi
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(Presentazione in catalogo per la mostra Sculture: Annibali, Del Bianco, Giuliani, Natale, Valeri all’Atelier dell’Arco Amoroso, Ancona febbraio-marzo 1991)

Questa manifestazione artistica, presenta cinque giovani scultori, ed è veramente una mostra di alto significato per le sue caratteristiche di fede, coraggio ed entusiasmo giovanile che la rendono viva ed attuale. Sono cinque giovani che lavorano in condizioni difficili per un rinnovamento di linguaggio, e con i tempi che corrono, è come camminare sul filo di un rasoio, ma che loro affrontano con molta serietà, e con la garanzia di una manualità già da diversi anni collaudata.
Annibali è un modellatore veramente eccezionale della creta. Interpreta e trasferisce nei suoi racconti, carichi di metafore, una poetica altamente suggestiva.
Del Bianco si è inserito proprio bene nel dialogo con il legno. È fortemente rappresentativo nel disegno, con il quale oltretutto chiarifica i suoi interessantissimi bassorilievi.
Giuliani si è creato il suo mondo con molta calma, aumenta costantemente il suo bagaglio di conoscenze ed esperienze. Chi lo conosce si rende conto benissimo che il marmo, specie il travertino, gli è proprio congeniale.  Ha "allungato il passo" ed oggi si trova già molto avanti. La critica lo sta scoprendo giorno dopo giorno e dire che il suo lavoro avrà un peso sostanzioso nel movimento dell'arte non è esagerato.
Nei lavori di Rocco Natale appare evidente un continuo recupero di materiali poveri e dal sapore arcaico. Le sue composizioni si caricano spesso di ironia ed è quindi certo che con le sue qualità inventive, perfettamente allineate alle problematiche attuali, saprà imporsi.
L'esperienza di Valeri, legata al ferro, sorprende per la sua ricerca nervosa, che via via matura e si consolida in opere che stanno a dimostrare le sue naturali capacità inventive che unite ad una manualità cosciente, rivelano una notevole magia evocativa.
Come dicevo, sono cinque giovani da non perdere assolutamente di vista e questa mostra convalida sicuramente i motivi di interesse che la loro opera suscita.

Macerata, 5 febbraio 1991

U. PESCHI
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    Associazione culturale "Alberto e Umberto Peschi" per le Arti Visive  - 62100 Macerata, via G.Verdi 10A;  email:  associazionepeschi@virgilio.it
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